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Cecu Ferrari

Ada Negri

http://www.lodionline.it/personaggi/scheda-negri.asp

Paolo Giorza

Paolo Gioza (Milano, 11 novembre 1832 – Australia, 4 maggio 1914) è stato un compositore italiano. Egli era figlio d'arte (suo padre Luigi Giorza, era un pittore e cantante baritono drammatico) su proprio il padre ad iniziarlo alla musica. Nel corso della sua vita, produsse e scrisse oltre 40 spartiti tra cui vari valzer;viaggio' in buona parte del mondo lavorando a Venezia, Vienna, Londra e Parigi prima di approdare in America ed in Australia. Nel 1858 scrisse la celebre "La bella Gigogin"diventata successivamente una canzone tanto famosa quanto amata,durante la seconda guerra d'Indipendenza. Venne eseguita presso il teatro Carcano di Milano nel 1858 per il Capodanno 1859 e da canzone simbolo dei bersaglieri italiani. E' del 1860, precisamente il 10 Marzo, invece la rappresentazione della sua prima opera lirica, dal titolo "Console di Milano"che riprendeva un episodio reale di storia lombarda. Su invito di Garibaldi, scrisse nel 1866 "Inno alla guerra" paroliere Plantulli. ALtre opere che si ricordano: "la Capanna dello Zio Tom" (metà 1860) e nel 1867 si sposto' nelle Americhe collaborando con vari teatri e cantanti. Nel 1871 arrivo' in Australia dove ebbe successo sia come compositore che come maestro tanto da essere annoverato, insieme a Inathan il piu' significativo musicista che lavoro' in Australia nel XIX secolo. Mori' in Australia il 4 Maggio 1914.


La Bella Gigogìn

                                           La bella Teresina
     ...un miscuglio di strofe popolari musicate dal maestro milanese 
                                   Paolo Giorza  (1832 - 1914)



Rataplàn tambur io sento che mi chiama alla bandiera che gioia oh che contento io vado a guerreggiar. Rataplàn non ho paura delle bombe e dei cannoni io vado alla ventura sarà poi quel che sarà

E la bella Gigogìn col tremille-lerillellera la va a spass col sò spingin col tremille-lerillerà.

A quindici anni facevo all'amore dàghela avanti un passo delizia del mio cuore. A sedici anni mi sono sposata dàghela avanti un passo delizia del mio cuor. A diciassette mi son spartita dàghela avanti un passo delizia del mio cuor.

La vén, la vén, la vén a la finestra l'è tutta, l'è tutta, l'è tutta inzipriada la dìs, la dìs, la dìs che l'è malada per non, per non, per non mangiar polenta bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza lassàla, lassàla, lassàla maridà.


La Bella Gigogìn, diminuitivo piemontese di Teresina, venne eseguita per la prima volta al teatro Carcano di Milano la sera di San Silvestro del 1858, era la vigilia della seconda guerra d'Indipendenza, quella che vedrà la prima unificazione dell'Italia. Quella sera piacque tanto che quando la Banda Civica attaccò a suonare le note di quella Polka, il pubblico capì subito l'implicito messaggio contenuto, e il maestro Gustavo Rossari dovette ripeterla ben otto volte. " Dàghela avanti un passo" (fate un passo ad Est verso l'oppressore) ... "per non mangiar polenta, bisogna aver pazienza lassàla maridà" (occorreva aver pazienza ed attendere il consolidamento dell'alleanza (il matrimonio) tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III per poter marciare (dàghela avnti un passo) e vincere il nemico. Si disse che la canzone fu anche cantata e suonata durante la battaglia di Magenta il 4 giugno 1859. Questi sono gli episodi arrivati fino a noi , alcuni veri, altri di fantasia, con certezza sappiamo solo che la " Bella Gigogìn "divenne una specie di inno patriottico che accompagnò i nostri soldati nelle battaglie dando loro la forza e il coraggio di affrontare il nemico. Gli aneddoti riguardanti la "vera" bella Gigogìn ci dicono che fosse bella, giovane, discinta e senza troppi scrupoli morali; la sua moralità non ci riguarda, a noi basta l'alone di mistero che la circondò e fece scrivere, musicare e cantare intere generazioni di milanesi.


Era il 22 marzo del '48 e a Milano, da sotto le barricate a Porta Tosa, esce una bellissima ragazzina tremante per il freddo. E' vestita con giubbotto, stivaloni e una larga gonna. A chi le chiede il nome risponde Gigogin (diminutivo piemontese di Teresina, Gigogin fra i cospiratori voleva dire anche ITALIA). Fuggita dal collegio e salita sulle barricate, riesce ad arruolarsi fra i volontari lombardi. Un giorno Manara le affida un messaggio urgente per La Marmora, il colonnello dei Bersaglieri. La sua felicità poi aumenta quando riesce ad ottenere un incarico ufficiale, vivandiera o cantiniera come solevasi dire per l'addetto allo spaccio. Conosce Mameli e fra i due scoppia un amore intenso, epico. Va in prima linea, a Goito soccorre e rifocilla le truppe. La sua fama esce dal battaglione dei lombardi di Manara e raggiunge i paesini più piccoli della pianura. Il suo coraggio la spinge dopo la prima sconfitta a percorrere le terre rioccupate, a cantare un ritornello "Daghela avanti un passo" (fate un passo a est verso l'oppressore). Il suo amore per Mameli non è solo sentimento. Lo salva dalla polizia austriaca che lo pedina, inscenando in strada un happening di improperi e contumelie rivolte all'imperatore Ferdinando II (Francesco Giuseppe era solo erede, la sua corona arriverà a fine anno, http://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Giuseppe_d'Austria ). Il ritorno in collegio è inevitabile. Fugge di nuovo, ma tutti gli uomini del '48 sono Roma con Garibaldi. Stanno morendo sugli spalti della Repubblica. Il suo triste domani di fanciulla non le appartiene più. Nessuno seppe mai il suo vero nome, se mai fosse veramente esistita. Si tramanda che questa canzone venne suonata per la prima volta la sera di San Silvestro, il 31 dicembre del 1858, al teatro Carcano di Milano. Era la vigilia della II guerra, quella che vedrà la prima unificazione. C’era una strana atmosfera, si dice, quella sera. Chi era già stato informato aspettava che arrivasse la mezzanotte con impazienza, chi no, lo capiva dal clima che serpeggiava nella sala gremita. Quando la Banda Civica, diretta dal maestro Gustavo Rossari, attaccò a suonare le note di quella PolKa, musicata dal maestro Giorza, il pubblico comprese subito l’implicito messaggio contenuto: Per non, per non, per non mangiar polenta Bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza Lassala, lassala, lassala maridà. Occorreva aver pazienza e attendere il consolidamento (matrimonio) dell’alleanza tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III per poter marciare – daghela avanti un passo. La Banda dovette ripeterla per ben otto volte, poiché la gente, insofferente degli austriaci presenti, non smetteva di applaudire e cantarne il ritornello. Così alle quattro del mattino di quel capodanno quando la Banda si recò davanti al palazzo del viceré austriaco per il consueto omaggio d’inizio anno, una nutrita folla aveva seguito i musicisti e accompagnò col canto, quasi in un gesto di sfida e di ammonimento alle autorità austriache, l’esecuzione del ritornello della canzone. L'autore era sconosciuto, ma ne iniziarono a circolare decine di versioni e arrangiamenti. Le pubblicazioni Ricordi vengono presto sequestrate dal Governatore austriaco. Si capì allora che la Bella Gigogin non era mai morta, la sua giovinezza non era sfiorita. Si disse che la canzone fu anche suonata e cantata durante la battaglia di Magenta il 4 giugno 1859, nella quale i francesi del generale Mac Mahon sbaragliarono gli austriaci del generale Giulaj. Alla banda militare austriaca, che come segnale d'attacco intonava "La bela gigogin", la banda degli Zuavi rispondeva col ritornello "Dàghela avanti un passo".

Ci racconta Abba, narratore delle vicende dei mille, che a volte bastava anche solo l’apparire di Garibaldi a scatenare il canto della “Gigogin”: Nino Bixio e Sirtori si dettero ad alzare la voce quando improvviso comparve sulla strada il generale e gridò con voce sonora: - Avanti ragazzi, non c’è tempo da perdere. A queste parole, tutti i mille saltarono su come un sol uomo e ricomposero le file, e ripigliarono la faticosa marcia, e il lieto ritornello: Daghela avanti un passo / delizia del mio cuore, al quale, una quarantina di voci toscane intrecciava allegramente il ritornello livornese: Bravo, bimbo bravo …, mentre Bixio, bestemmiando in tutti i dialetti d’Italia tornava di galoppo in testa alla sua compagnia.

La “Gigogin”, nonostante Mameli fosse già eroicamente morto a Roma nel ’49 aveva dunque avuto il sopravvento su tutti i canti patriottici del tempo, e persino sugli inni nazionali degli eserciti stranieri. Ogni battaglione, ogni compagnia trova la sua Gigogin al fianco. A S. Martino. porta acqua, bende e munizioni fino all'ultimo, fino a quando in un turbinio di fuoco riscompare alla vista degli uomini. Non si presenta a ritirare le medaglie, gli encomi. Nessuno la ritrovò più, anzi, da quel giorno fu dovunque, nelle marce sotto le stelle o sotto il solleone, per generazioni e generazioni di bersaglieri, a cadenzare il passo a rendere meno tristi gli affetti lasciati. Il corpo dei Bersaglieri ha acquisito “La Bella Gigogin” quale canzone ufficiale, ed essa viene tuttora cantata dai soldati durante le esercitazioni e i Giuramenti. La bella Gigogin divenne, ante litteram, la nostra Lili Marleen. Il Giorza morirà povero a Seatlle negli Usa nel 1914. Non ce la farà a riscuotere i diritti d'autore da tutti gli italiani. La Bella Gigogin non era sola sulle barricate, con lei erano Giuseppina Lazzaroni e il fratello, Luigia o Luisa Battistoni in Sassi, che atterra un croato e ne fa prigionieri cinque. Erminia Manelli che veste i panni del fratello bersagliere ferito e si fa uccidere a Custoza. Maddalena Donadoni Giudici vivandiera e infermiera al 1° Granatieri (col fratello). Questa nel '59, sposata, si arruola di nuovo e si merita la medaglia d'argento. A S. Martino un'altra donna Serafini Donadei. Rosa Donato a Messina nel '48 fa saltare una intera batteria. Ci sono le contesse Martini della Torre che monta a cavallo con le Guide e Cristina Trivulzio che va a Roma ad organizzare gli ospedali.