Ciciarada:Solt-Selíar

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Solt-Selíar o Solt-Séliar? E perchè l'accento acuto sulla i? Grazie,--Dans 23:30, 23 apr 2009 (UTC)

Domanda lecita: ì = i lunga come in riso. í = i stretta e corta simile alla "i" in Inglese "it", o alla i in tedesco "wird". Gli scrittori classici milanesi, da cui io ho sempre inspirato la mia grafia prima di approdare alla lmo ed essere introdotto alla LOCC, usavano far seguire la vocale dalla doppia consonante per esprimere questo suono (sitt, primm = sít, prím - luogo, primo), senza usare l'accento acuto come invece facevano per la "a" chiusa (andáa, fáa, parláda - andato, fatto, parlata). --Mondschein 23:46, 23 apr 2009 (UTC)
La questione è interessante, ma a questo punto io ti consiglierei davvero di stendere una ortografia LOCC estesa (con á e í) e linkarla nei tuoi articoli: non sarà uno standard già esistente, ma almeno permette a chi ti legge di risalire alle regole che tu usi.
Per la posizione dell'accento invece: Da Scìliar (it) mi sarei aspettato Séliar (lmo) non Selìar.. --Dans 17:21, 24 apr 2009 (UTC)
Io ho semplicemente usato il nome che ho sentito usare personalmente dalle popolazioni autoctone neolatine, dato che l'insubrico è una lingua neolatina, e ho tramutato la "sc" in "s", secondo le regole de l'insubrico.
Riguardo gli accenti: sto pensando di magari eliminarli... Non so...Mi sembra che il consenso geneale sia di usare meno accenti possibili, al contrario da ciò che è sato proposto dasl CLL, e cioè di usare accenti su praticamente ogni singola vocale.... La grafia unificata del Dakrismeno, che si basa su quellla della vus de l'Insübria, prevede l'uso dell'accento, solo quando è strettamente necessario per il comprendimento della parola e evitare anbiguità, se capisco bene. Io allora penso che per sempio l'accento sulla í in chí (qui) è necessario per distinguere da chi o chì (quelli, quei).